Nel lavoro di Alek O. il materiale scultoreo ha un ruolo da protagonista in virtù della sua “biografia” legata a chi lo ha usato o posseduto. Il legno di una scrivania, il metallo di chiavi non più in uso o quello di una caffettiera di Aldo Rossi ricevuta in regalo, la lana di un maglione sono manipolati per renderli geometricamente più regolari e astratti – la superficie bidimensionale di un quadro per la lana, rettangoli di diverse dimensioni per il materiale scultoreo. Le opere funzionano come metonimia dell’artista, di un conoscente o un personaggio pubblico ritratto tramite la contiguità fisica o evocativa tra il soggetto e il materiale usato. In questo modo, un armadio diventa una scultura che ricorda la serialità minimalista, una camicia è trasformata in un ritratto di un amico o di un familiare usando il principio della magia da contatto che postula il trasferimento di proprietà da un oggetto o corpo all’altro per via di prossimità fisica.
Il secondo elemento di grande importanza nel percorso dell’artista è la circolarità o reiterazione concettuale che rende l’opera una sorta di sistema chiuso perfetto. In particolare i video e le proiezioni di diapositive che usano materiale televisivo rimontato secondo un principio preciso: per esempio Untitled (2007) raccoglie immagini di inseguimenti di macchine dal telefilm Colombo organizzate in sequenza temporale da mattino a notte, e Los Angeles 1972-73 (2007) è un montaggio di tutti i momenti della stessa serie televisiva in cui non ci sono attori. Le due traiettorie concettuali e personali non sono affatto disgiunte, anzi il lavoro di raffinamento dell’artista consiste proprio nel delicato bilanciamento tra le due istanze. La fotografia Rien que les heures (2009) è un immagine raffigurante una persona che si tuffa in una piscina che ricorda i dipinti californiani di David Hockney. L’artista ha trovato la foto nell’album di famiglia ma la memoria del soggetto il luogo raffigurati è andata perduta. Alla sua presenza visiva priva di dettagli contestuali fa da contraltare l’indagine di che cosa significhi rappresentare e ritrarre nella serie in cui immagini di persone con animali sono incorniciate fronte-retro, lasciando vedere solo lo spazio bianco della carta fotografica su cui l’artista ha annotato il titolo. L’impulso diaristico-personale è sempre stemperato da un rigore formale e da una calcolata interrogazione concettuale. Ogni lavoro incapsula una serie di domande suggestioni dove memoria, affetti, nostalgia e misurata perdita di informazione interpretativa concorrono alla formazione di un gesto poetico aperto.
Francesco Manacorda |
Born 1981, Buenos Aires, Argentina.
She lives and works in Milan, Italy.
Solo show
2010: The Thing, Gallery Vela, London, UK
Group shows
2010: Exhibition, Exhibition, Castello di Rivoli, Rivoli, Turin, Italy
Gallery, Galerie, Galleria, Galleria Norma Mangione, Turin, Italy
2009: As you enter the exhibition, you consider this a group show by
an artist you don’t know by the name of Mr. Rossi, Ex-fabbrica Minerva, Milan, Italy
Lisson Presents 6, A Troubling Metamorphosis of Loose Ideas into Cast Forms, Lisson Gallery, London, UK |